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Patchwork / MIO PADRE UN ANNO DOPO
« il: 15 Giugno 2004, 15:21:33 »
Dal sesto piano di questo ufficio a volte guardo lontano.
Oltre le case, cercando di vedere più in là, cercando una striscia di verde, o qualche albero.
In giornate come questa mi perdo nella foschia di Milano e del suo centro caotico, così il mio sguardo non corre che per qualche chilometro, sfumando lentamente tra i tetti.

Un soffio d’aria condizionata sulle spalle e una lattina di the freddo.
Proprio come un anno fa, sorseggiavo the freddo in compagnia di mio padre e quasi mi strozzavo nel sentirlo dire “…e se me ne andassi a vivere in Polinesia?”

Ora che è lì, e che le sue telefonate hanno un eco di  3 secondi mi rendo conto di quanto sia difficile fare quello che ha fatto. Ora che mi ha raccontato tutto e forse troppo di questo viaggio fatto in due sensi…verso la Polinesia e verso se stessi.
Ultimamente, ( e parlo di settimane ) la sua nuova vita ha preso vigore e forza, aiutando entrambi a voltare pagina.
Io senza di lui e lui senza di me.
Ripenso ai problemi affrontati, alle notti insonni, alle telefonate struggenti, alle fotografie malinconiche di noi due insieme…
Ricordo lo sfogo improvviso…prima di partire, tra le lacrime ed i rimpianti nei confronti di una vita spesa tra 4 muri illuminati da un televisore…Un’addio urlato a squarciagola.
Un colpo di spugna per cancellare 50 anni.
Morire con la promessa di rinascere. In un altro posto.

Ora scrivo, a tutti quelli che in questi mesi ( da ottobre dell’anno scorso ) mi hanno scritto e telefonato ( sempre con cortesia ) pieni d’interrogativi.
Un modo forse troppo generico di rispondere, ma non posso fare altro che riassumere in qualche riga quello che normalmente spiegherei a parole. Con molto trasporto.

Otto anni fa mio padre comprò un libro sulla Polinesia. Delle dimensioni di un atlante prestigioso, con fotografie mozzafiato…e racconti di vita quotidiana. Lo lesse e mi chiamò, per raggiungerlo a casa sua.
Era paralizzato sulla foto di una baia verde acqua, dove sorgeva una casa di legno, con una barca capovolta sulla riva. Commentammo insieme tutto il libro…e finimmo col cercare sul mappamondo la Polinesia. Eccola! Irraggiungibile.

Mio padre è partito per Vavà’ù l’anno scorso a settembre, un piccolo arcipelago di isole a nord di Tonga, nella parte inglese della Polinesia. Tutto quello che riporterò di seguito e frutto di infinite telefonate, lettere e lacrime…
Vive nella periferia di una città chiamata Nejafu, su un isola secondaria, di un arcipelago a 4000 chilometri dalla nuova Zelanda.
E’ stata una scelta quella di non andare in un posto in stile Rimini Polinesiana (passatemi il paragone), ma di cercare un luogo il più incontaminato possibile.
Una scelta che implica dei sacrifici INIMMAGINABILI. Perché se a Tahiti trovi tutto quello che vuoi, a Vava’ù rischi di perdere tutto. Persino te stesso.

Il primo gradino da superare, il più alto, è quello psicologico…o per lo meno, mio padre ancora ci combatte.
Si tratta di accettare una vita che non è più occidentale.
Ma come si fa a spiegare qualcosa di impalpabile come le cose che diamo per scontate?
Si tratta di fare un salto indietro di 50 anni, come dice lui. In un paese di periferia, molto simile a quello in cui è nato, negl’anni 50…poche strade, pochi negozi, sporcizia e disorganizzazione.
Si tratta di affrontare una popolazione che sorride sempre immersa in una quotidianità che per Noi sarebbe insostenibile.
Si tratta di cancellare parte di se stessi, facendo attenzione a non perdere forza e carattere.
Non ci sono localini, cene o aperitivi, non ci sono macchine da sognare e negozi da visitare…
Niente musei, concerti...
La notte, dopo cena, spengono le luci per le strade ed accendono le stelle.
Non esistono trasmissioni televisive…non le vendono nemmeno le televisioni! Tutto quello su cui siamo abituati a misurarci non esiste più. E se non esiste unità di misura…che valore hanno le persone? E soprattutto: quanto valiamo noi?
Sappiamo pescare come loro? Sappiamo coltivare…cucinare, lavorare la tapa o raccogliere la papaia? Sappiamo camminare a piedi nudi nel fango? Nuotare al buio e dormire per terra in mezzo al prato?
No. Non siamo capaci. Loro lo fanno tutti i giorni…persino i bambini, dice mio padre, sono più in gamba di me…ed a volte mi insegnano a “stare al mondo”.
Una notte di tanto tempo fa mio padre usci a pesca con un polinesiano, su una barca delle dimensioni di una vasca da bagno.
Nel cuore della baia, al chiaro di luna abboccò un pesce molto grosso, e Tonia, il pescatore, sforzò sulle mani per portarlo in superficie (senza canna da pesca…tenendo la lenza tra le dita).
Quando il pesce fu a bordo, nell’agitazione della pesca, mio padre si alzò per aiutare Tonia…che aveva le mani insanguinate e tagliate dalla lenza.
Tonia lo guardò di scatto, fermandolo con una mano…e con un sorriso fece capire a mio padre “che non era cosa per lui…” Con la stessa cortesia e le attenzioni che si rivolgono ad un “bambino”…

Le difficoltà sono molte, bisogna ricostruirsi amicizie ( ma non sono amici occidentali, con cui condividere un passato comune o simile. “Questi mangiano per terra, con le mani, tra gli insetti e la sabbia” diceva mio padre )
Bisogna trovare un posto in cui vivere…e non esiste Tecnocasa…ma si va in giro, a piedi o in taxi, chiedendo ad ogni persona…per trovare delle case senza finestre ne zanzariere, con bagni inguardabili e senza mobili. Nemmeno serrature alle porte. Costruite metà di legno e meta di mattoni ( se sei fortunato hanno anche il tetto di tegole)
Per Loro è normale.
Per te, che ci devi restare per sempre, è un incubo.

“Ale! Ho trovato le posate! In un mercatino in piazza! Sono usate, tre forchette, tre coltelli e due cucchiaini ! Finalmente !“
Papà per le prime due settimane ha mangiato con le mani!
Lo stesso per un cacciavite o per una scatola di cerotti…per una prolunga elettrica, una radiolina.
Trovi la radio ma non le pile.
Trovi il frigorifero ma non l’adattatore.
E se trovi l’adattatore…ma NESSUNO vende cacciaviti?

Se ti tagli…e fa infezione? Lavi con acqua del rubinetto, che è quella che raccoglie il tuo tetto durante lo scroscio di pioggia quotidiano.
Se ha piovuto.

In contrasto con tutto questo, ci sono internet point, che fanno anche da piccoli bar, da scuole di vela, da noleggi…Tutti fanno tutto.

Passiamo al denaro: a Vava’ù la maggior parte della popolazione vive con 600 euro all’anno.
Pescano, raccolgono frutta, barattano ortaggi con carne di maiale, se vai al mercato e non hanno il resto da darti…saldano il conto con qualche ananas.
Vivono in povertà estrema. O comunque rasentano la fame…
Vivere da polinesiano costa pochissimo. Vivere da occidentale costa troppo.
Una via di mezzo, come mio padre sta tentando di raggiungere è un buon compromesso.
Facciamo un esempio pratico, un affitto, per una casa di dimensioni medio grandi costa tra 5 e 7 euro al giorno. Diciamo che con 200 euro al mese…ci paghi l’affitto. Ma i primi tempi, se non vuoi dormire tra gli insetti e le lucertole, se vuoi mangiare e bere roba fresca, se vuoi qualche mobile per dare un senso alle stanze…devi comprare tutto.
Ma vi ricordo che non ci sono negozi in cui vendono mobili, frigoriferi, accessori per la casa.
Non..
Ci..
Sono.
Vi dovete arrangiare.
Andate al mercato in cerca di quello che vi serve, magari ordinate il frigorifero che vi costa 400 euro…ai quali aggiungere 300 euro di spedizione ( dalla nuova zelanda )
Poi aspettate venti giorni.
Con molta probabilità avrete una casa col giardino, su ogni lato troverete palme e fiori, ma anche erba spessa come lattuga che cresce di 10 centimetri a settimana, e con lei trasporta insetti, formiche, piccole lucertole…
O passate il tempo a rasare l’erba, o trovate qualcuno che ve la tagli.
Tornando al cibo, un modo per adattarsi è quello di decidere quale delle vostre abitudini alimentari siete disposti a dimenticare.
Il caffe? Il latte? La pasta? Il dolci? La carne? Le bibite?
Comprasi uno yogurt costa come 5 kg di pesce fresco.
Una confezione di acqua minerale costa quanto frutta e verdura per una settimana.

Una domanda: vi volete trasferire con tutta la famiglia? Fatte bene i conti. Perché mio padre, con una buona pensione, arriva a spendere quanto spendeva in italia, ed ha comunque rinunciato al buona parte delle proprie abitudini occidentali, come i tre pasti al giorno.
Mangia quando ha fame, quello che trova. (..noi abbiamo l’etichetta d’origine di ogni bistecca)
In poche parole quello che per noi occidentali è “un piacere” ed un’ abitudine…sull’isola perde totalmente valore, mettendoci in difficoltà.

Come spostarsi…anche se l’isola è piccola non è urbanizzata come da noi.
Qui in occidente ci sono agglomerati di negozi e mezzi publbici…li invece trovi il mercato in centro, la ferramenta a 6 km, la farmacia ancora più in la e due soli taxi servono tutta l’isola…
Sempre che il tassista non stia tagliando il prato di qualcuno.
Questo problema, se abiti in periferia…diventa un serio problema.

Comprare un mezzo a motore comporta molte criticità. Trovarlo, pagarlo un prezzo ragionevole ( ricordatevi che tutto arriva via mare ) ed averlo in condizioni discrete.
Mio padre, per esempio ha trovato una moto usata, da un turista australiano, in medie condizioni: un faro rotto, le candele da cambiare e la batteria scarica.
Qui avrebbe speso 50 euro ed aspettato 3 giorni.
Li ne ha spese 250 ed ha aspettato un mese e mezzo, perché i pezzi arrivassero dalla nuova zelanda.
Il meccanico, che è anche muratore, giardiniere, tassista ed imbianchino…glie l’ha riparta in due settimane.

Il clima è difficile in estate. E dato che le stagioni sono inverse quando qui è inverno lì impazziscono di umidità, insetti grandi come una mano e piogge frequenti.
Il momento migliore, logicamente è il loro inverno. Quando si respira meglio, la temperatura è intorno ai 30 gradi e piove di meno.
Sull’isola la pioggia è un problema serio! Ci sono poche strade asfaltate ed ovviamente non ci sono i tombini, quindi tutto si allaga e si infanga…e spostarsi diventa difficile e sgradevole, in compenso rinfresca l’aria e riempie i serbatoi dell’acqua.

Il viaggio classico parte dall’Italia e va a Londra. Di lì ad Auckland con uno scalo tecnico a Los Angeles.
Una volta ad Auckland si sale sulla Tongan Air che ti porta a Tonga (l’isola del re, la Rimini polinesiana ) da Tonga si decolla con un piccolo aereo 21 posti, per Vava’ù.
In tutto si vola 33 ore, se non ci sono intoppi. Il viaggio può costare dalle 1,200 euro (in super offerta e bassa stagione) a 2200 euro…
Tre settimane fa la Tongan Air è fallita. Di questo problema ne parlerò più avanti.

Burocraticamente siete obbligati a fare il biglietto di Andata ma anche quello di Ritorno (senza questo vi spediscono subito a casa)
Come turisti avete 3 mesi per fare quello che volete…se volete rinnovare il permesso dovete abbandonare l’isola al mattino e rientrarvi il giorno dopo…come turisti.
Se volete chiedere il permesso di soggiorno, dovete rivolgervi agli uffici preposti, che valuteranno il vostro sostentamento economico e la vostra autonomia.
Mio padre ha portato con se tutti i documenti INPS tradotti in inglese e certificati, ha fatto un contratto di 5 anni per l’affitto ed ha aperto un conto in banca.
Ancora oggi stanno valutando la sua proposta di soggiorno. Non aggiungo altro.
Per aprire un attività le cose sono più complesse…e non ho tante pagine per spiegarle, in ogni caso il governo obbliga gli investitori ad assumere solo personale polinesiano e soprattutto valuta l’impatto della nuova attività, sull’ambiente, sul turismo, ecc. Tutti dicono che è difficile.
Persino gli amici di mio padre, che hanno un piccolo ristorante…ricordano le difficoltà insulse per aprire un attività li.
Nella migliore delle ipotesi, guadagni il giusto per vivere. Alla giornata.
Ora che la Tongan Air è fallita e non arrivano turisti…la situazione si fa difficile per tutti.
Le difficoltà per le donne occidentali sono evidenti solo una volta lì.
Come accennato sopra, psicologicamente è difficile rinunciare alla competizione, alle abitudini di igiene e ordine quotidiano. Le polinesiane se ne fregano dell’aspetto fisico, ciò nonostante alcune sono bellissime e fin troppo “disinibite”. Se a questo aggiungiamo una cultura del I'm an idiot opposta alla nostra che è piena di tabù…
Tutte le persone che ha incontrato mio padre erano andate in Polinesia con le mogli, presto scappate di lì per tornare nel proprio paese.
La giornata non è piena di cose da fare, ci sono molti momenti di immobilità totale…come la domenica, giorno in cui tutti pregano in chiesa ( ci sono tutte le religioni in Polinesia ) e non si può assolutamente lavorare. Quindi niente taxi, niente pesca o mercato…niente. Solo Cori in chiesa.

In Italia chi resta? Se volete trasferirvi…dovete pensare anche a questo.
Una telefonata costa 2,5 euro al minuto. Lo stesso vale per internet.
Spostare 1500 euro con la Western Union ( grazie al cielo ce ne è una proprio in centro a Vava’ù) costa 85 euro di spese!
Usare un trasferimento via banche (ammesso che abbiate aperto un conto lì…) costa 17 euro circa e impiega tra i 15 ed i 20 giorni ad arrivare sul nuovo conto! Altro che ERA MULTIMEDIALE.
Spedire un pacco via aerea, inferiore a tre chili costa 90 euro con UPS ed arriva a Tonga in 10 giorni al massimo.
Spedire lo stesso pacco tramite Poste ( via mare) costa 13 euro ed impiega 40 giorni ad arrivare.
Ovviamente quanto passa per gli stati uniti lo controllano…e lo rimandano al mittente se contiene ALIMENTI, MEDICINE, OGGETTI inconsueti.
Il cambio? Un pa-anga vale un euro. Il famoso yogurt...costa 3 pa-anga…7 la coca cola.
Ma con 10 pa-anga vi comprate una pianta di banane che frutterà a cicli di 20 giorni, circa 30 chili di banane a ciclo. Se non siete appassionati di banane…potete venderle al mercato.

Non è facile, o comunque non è facile come si pensava. Non si tratta solo di un paradiso ma anche di estremi sacrifici e rinunce.
Di coraggio e umiltà…nell’accettare la propria condizione di persona “ZERO” appena arrivata su un isola in cui non sei nessuno. In cui non valgono i riconoscimenti sociali che si hanno qui…
Ricominciare da capo…dopo tanti anni costa fatica e tante lacrime.
Se poi tra voi c’è qualcuno che ha trovato il “piatto servito”…bhè consiglio una vacanza organizzata…lontana da Vava’ù e dalla sua sorridente e disarmante povertà.

Concludo con un appunto: mio padre ci andò la prima volta a settembre 2003…e partì già convinto di restarci, pianse una settimana per la delusione, per quel posto che di giorno era un paradiso ma che di notte si tramutava in incubo di silenzio e solitudine…Tuttavia, un problema ai denti lo costrinse a rientrare in Italia…
Risolto tutto, consapevole di quello che avrebbe trovato tornando in quell’isola di 4000 abitanti…lo ha fatto di nuovo. Ed ora è li.
A 22.000 chilometri da casa. Un giorno avanti noi e con “solo” 50 anni…compiuti in aereo, cancellati con un tuffo nel mare turchese di Vava’ù

Questa è la storia, di mio Padre.
Spero di aver scoraggiato chi vedeva la decisione di mio padre come una soluzione “a portata di mano”…perché in realtà credo che andare via sia più difficile che restare qui e sforzarsi di costruire un rapporto equilibrato tra le nostre reali esigenze e le imposizioni della società.
Spero invece di aver incoraggiato quelli che ascoltando il proprio cuore, hanno Sempre cercato una dimensione più umana, naturale e spirituale di vivere. Disposti a rinunciare a tutto questo “apparire” in cambio di una vita che abbia un sapore più dolce ed una voce interiore libera di parlare.


Un saluto a tutti i sognatori, Alessandro

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Patchwork / DALL'ALTRA PARTE DELLA TERRA
« il: 16 Settembre 2003, 09:00:21 »
Ci sono due tipi di sognatori, dice mio padre.
Quelli che vivono di sogni.
Quelli che i sogni, li vivono.

Non è questione di coraggio, nemmeno di fortuna.
E' un momento, un piccolo mormorio nel cuore. Che un bel giorno ti dice di infilare tutto cio che ti serve in una valigia, perchè devi partire.
Perchè si nasce una volta sola..

Mio padre è a Vava'u a nord di Tongatapu. Vive in una casa di legno e ha anche un bel giardino.
Non ha niente...forse meno del minimo indispensabile. Ma li vivono tutti così e nonostante gli stenti e le difficoltà si chiama isola del sorriso.
Sono sicuro che questa esperienza cambierà radicalmente il suo modo di vedere. Persino il suo respiro, al telefono...oggi era diverso.

Un saluto a tutti i sognatori.

Alessandro > www.diario365.it

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Patchwork / MIO PADRE HA DECISO DI PARTIRE
« il: 08 Luglio 2003, 08:39:04 »
Ciao a tutti, mi chiamo Alessandro, sono di Novara.
Mio padre ha deciso di partire per la Polinesia, solo andata.
Ha 47 anni, ex ufficiale della aeronautica, in gamba, sveglio ma come tutti vorrebbe intraprendere questa AVVENTURA in modo intelligente.


Vi chiedo gentilmente di contattarmi via mail, se foste interessati a "unire" le idee e le informazioni UTILI.

Invito anche "ALEPAOLO" a contattarmi se interessati.

Grazie di cuore,    c.buono@comdata.it

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